Mercoled� 27 Giugno 2012
Alcuni giorni fa sulle nostre pagine dinamiche avevamo pubblicato l’articolo che qui riportiamo e che il prof G. Viganò docente di MKT territoriale alla Università Bocconi di Milano ha voluto gentilmente commentare.
L’articolo:
A sentire Peirluigi Roscioli, comproprietario del ristorante della "carbonara numero Uno", un simile rischio è verosimile “se gli chef italiani non sorveglieranno gli stranieri la tradizione (italiana) possa lentamente essere erosa: senza controlli tendono a spostarsi verso dove li porta il loro Dna”. Il pericolo più grande è che “nei prossimi dieci anni i cuochi nei ristoranti italiani di medio e basso livello potrebbero essere quasi tutti non italiani”. In questo modo si potrebbe creare una cucina più a buon mercato, tendenzialmente sempre meno italiana al cento per cento, e una più costosa dove l'attenzione ai particolari ne garantirà l'autenticità. Complici anche i clienti che premiano sempre di più i sapori accentuati, sottolineano all’agriturismo Ciato di Parma, e dell’immigrazione, tutto sulla falsa riga di quanto successo con la pizza; quando ad emigrare erano i nostri ceti poveri, con una differenza sostanziale che l’alimentazione mediterranea è considerata dal punto di vista salutistico una delle migliori del mondo. E se Andrea Sinigalia di ALMA sostiene “non possiamo fermare il progresso. Possiamo solo indicare, esattamente, quali sono le cose importanti. Il resto è creatività”, indirettamente dalla Danimarca, durante un incontro informale il ministro Mario Catania dichiara che la buona cucina parte dall’agricoltore “Gli agricoltori, sono i primi difensori dell’ambiente e della qualità di quello che finisce sulle tavole degli Italiani” “La politica da perseguire deve essere quella di mantenere gli operatori sul territorio e per assicurarlo è necessario garantire loro una adeguata redditività”. A rischio un importante patrimonio culturale e socio economico, i consumatori devono poter effettuare scelte consapevoli e l’unico elemento distintivo non può essere solo il prezzo.
Schianchi Mario
Pres. “Strada del Prosciutto e dei Vini dei Colli di Parma”
Il commento:
Ciao Mario
visto che solleciti un commento sul tuo post "cucina a rischio" ti accontento in un attimo di abbandono degli impegni legati alla chiusura del Master....
1)il termine "cucina" è generico e generalista e comprende un incredibile numero di sottinsiemi (autentici o di fantasia) compresi la cucina etnica e la cucina molecolare.
2) la fortuna degli operatoriè che non esistge il consumatore/cliente, ma un esercito di persone con "gusti" differenti, non solo da persona a persona, ma da un momento all'altro per lo stesso individuo. in questo senso il mercato dà spazio a tutti, compresa la cucinadi Mc Donalds (per altro "sponsorizzata" da Gualtiero Marchesi...
3) credo che allora occorra parlare di cucina regionale dove gli chef al momento non possono che essere collegati alla realtà e alla tradizione locale, almeno per il momento... Per il futuro non si sa vista anche la storia dei pizzaioli, dove oggi un numero sempre crescente è rappresentato da egiziani, e sono pure bravi....
4) la cucina regionale è strettamente connessa con due elementi: la materia prima (che fra il resto è stagionale!!) e la preparazione (che è legata alle tradizioni, anche se è certamente ammessa (ed apprezzabile) una rivisitazione che però non ne stravolga il "prodotto" (il piatto). E' lo stesso problema della performings art patrimonio mondiale dell'umanità (Unesco), ad esempio il balletto reale della Cambogia, che nel momento della rappresentazione automaticamente finiscono con l'essere una rivisitazione del "originale".
5) il segreto di una cucina regionale è quella di essere "autentica" e non "contaminata", fortemente legata al territorio, ai suoi prodotti e alla sua cultura.
6) la riscoperta delle antiche ricette (tramandate dalle nonne e dai nonni, per par condicio) è un fatto culturale e di identità di una comunità, ma non necessariamente devono essere "vincolanti". Va bene per le diverse "accademie del...", e quindi per intenditori, ma non è detto che il risultato sia migliore di qualche rivvisitazione fatta da gente che sa il mestiere e che sa come utilizzare al meglio oggi i prodotti dell'agricoltura locale.